La censura del politicamente corretto. - a podcast by Fabrizio Gareggia

from 2020-06-17T09:34:51

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Le voci libere in un mare magnum di informazione spazzatura, tutta allineata al pensiero unico del politicamente corretto, danno fastidio e così i social network, le nuove piazze digitali affollate e caotiche, fanno ciò che vogliono.

La censura digitale stavolta è caduta su Radio Radio, un'emittente radiofonica e televisione di informazione, che diffonde contenuti anche attraverso canali social e, quindi, anche attraverso un canale YouTube.

Grande successo di pubblico, centinaia di migliaia di iscritti, milioni di visualizzazioni per un'emittente con 42 anni di storia, per la maggior parte vissuti nel mondo reale e non nel mondo virtuale del web.

Eppure qualcosa è andato storto: le voci fuori dal coro sono sotto attacco, il dissenso è censurato perché l'informazione libera fa paura al regime del politicamente corretto.
Per questo, canale chiuso e tanti saluti.

Prima di Radio Radio la censura si era abbattuta su ByoBlu, un notissimo canale di informazione non allineata e, prima ancora, Twitter si era spinto a censurare niente di meno che Donald Trump, il Presidente degli Stati Uniti.

In tutto questo la cosa che fa veramente arrabbiare è l'assoluta tracotanza di queste azioni, il metodo superbo e beffardo con il quale comunicano agli utenti la decisione di decretare la morte virtuale di profili e account.

"Hai violato le regole della community", "Lavoriamo per garantire che la tua esperienza sia migliore", "Puoi proporre reclamo e noi ti scriveremo solo se dobbiamo comunicarti qualcosa". Un modo di fare che farebbe arrabbiare anche un santo.

Credo che non si possa più tollerare lo strapotere dei social networks, laddove si comportano come i ragazzini che durante le partitelle all'oratorio se perdono minacciano di toglierti il loro pallone. Facebook, Twitter, YouTube e Google sono ormai per dimensioni e per importanza divenuti a tutti gli effetti dei fornitori di servizi pubblici che devono sottostare alle regole della democrazia, ma soprattutto comportarsi in maniera trasparente.

Non è possibile tollerare che la censura arrivi da un soggetto privato e che riguardi le opinioni politiche.

Quindi bene ha fatto il Presidente Trump a mettere un freno ai social network equiparandoli agli editori ed estendendo loro, quindi, la responsabilità per i contenuti pubblicati.
Se i social vogliono scegliere quali sono le notizie e le opinioni che hanno diritto di cittadinanza sulle loro piattaforme, significa che la pubblicazione dei contenuti è un gesto consapevole e voluto, con tutte le conseguenze del caso.

Noi abbiamo il compito di difendere l’informazione libera, non allineata e per questo meno forte rispetto alle lobbies che inondano di soldi e pubblicità le grandi multinazionali proprietarie dei social networks e che, quindi, impongono loro anche le linee editoriali.

Su questo si gioca la partita fondamentale sulla democrazia, non solo digitale.

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