Domenica 25 B T.Ordinario INGRESSO A BORGARO - a podcast by Don Alessandro Martini -Torino

from 2021-09-18T22:15

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Gesù, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

il bambino che Gesù mette nel mezzo è simbolo degli ultimi, di tutti coloro che non contano nella società,

Gesù invita a vivere l’accoglienza

non accogliere solo chi è importante, potente, ricco, famoso, con tanti like sui social

ma accogliere i piccoli, i poveri, gli anziani, i bambini

accoglierci perché siamo persone, perché in ognuno di noi c’è Gesù, perché Dio ama tutti

quell’accoglienza che ha vissuto don Stefano nei nostri confronti

ha fatto di tutto per invitarvi ad accoglierci bene

e voi lo avete fatto meravigliosamente: grazie

ha subito organizzato una riunione del consiglio pastorale in cui le varie splendide realtà che rendono bella e viva la comunità di Borgaro hanno potuto presentarsi

è stata per noi una serata di contemplazione

ci dicevamo che bello, quanta vita, quante persone che amano la comunità e si sentono corresponsabili

forse proprio la parola accoglienza può essere una delle parole che più contraddistingue la comunità di Borgaro

«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me»

viene subito da pensare allo splendido servizio delle catechiste che accolgono con amore e competenza tanti bambini e tante famiglie: grazie

l’oratorio e i gruppi giovanili che sono importantissimi

la cura dell’ufficio parrocchiale, della liturgia, della chiesa, per far sentire la gente accolta e a casa

l’accoglienza alle famiglie nel momento del lutto animando il rosario e il funerale

l’accoglienza di chi soffre fatta dagli amici dei malati e dai ministri straordinari

l’accoglienza delle coppie giovani attraverso i battesimi e i corsi prematrimoniali

l’accoglienza di chi è in difficoltà attraverso la Caritas e il servizio per il lavoro: che bello sentire che non è mai mancata la provvidenza e la generosità di tanti

le esperienze gruppi: piccole comunità, gruppi famiglia, gruppo degli anta, gruppo universitari, gruppi giovanili, artigiane del cucito, cenacolo di preghiera: tutte occasioni attraverso le quali vivere l’accoglienza reciproca per non sentirsi soli nel cammino della vita

l’amorosa e preziosa presenza delle suore della carità di Santa Giovanna Antida e della comunità cenacolo

il cammino del NIP vi ha portato ad essere comunità accogliente, aperta a tutti, vicina alla gente, presente sul territorio, … una comunità portata avanti da tutti e non solo dai preti: grazie

conosco bene don Stefano perché eravamo in seminario insieme e ho un’immensa stima di lui

per questo motivo so che non ho le sue doti e capacità

dicevo questo in una riunione e uno di voi mi ha subito sgridato

Don Stefano ci ha detto di non fare confronti

e noi vi accogliamo a cuore aperto

che bello quando in una comunità ci si accoglie così come si è

la comunità è il luogo del perdono

dove i limiti che abbiamo non ci impediscono di volerci bene

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Gesù chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

Gesù sgrida un po’ gli apostoli

perché invece di essere uniti sono invidiosi e gelosi gli uni degli altri

la vocazione del prete e del diacono, come quella di ogni cristiano, non è uno sport individuale

ma è uno sport di squadra

agli europei l’italia ha vinto soprattutto perché ha saputo dimostrare un forte spirito di gruppo

la stessa cosa vale per tutti noi: si vince se si gioca insieme

se si gioca da soli si perde

è da tanto tempo che Don Sergio, don Marco ed io abbiamo desiderato vivere insieme

e ringraziamo il vescovo e don Claudio che hanno accolto il nostro desiderio

perché lo desideriamo?
Proprio per testimoniare che la vocazione sacerdotale è un gioco di squadra

ho una gratitudinbe e una stima immensa per don Sergio e don Marco

da anni camminiamo insieme

hanno sempre avuto tanto amore e tanta pazienza con me

hanno un’esperienza pastorale immensa che sarà preziosissima

tra noi c’è totale fiducia e ci diciamo tutto

la vocazione sacerdotale e la vocazione diaconale hanno il loro ambiente vitale nella fraternità

una fraternità che ha due dimensioni

PRIMA

essere fratelli tra la gente, senza alcun clericalismo, ma con servizio, con umiltà, con semplicità, senza sentirsi come colui che ha tutte le soluzioni e tutte le verità in tasca

«Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

SECONDA DIMENSIONE

essere amici tra i preti e i diaconi

e in questo facciamo un grande ringraziamento al diacono Beppe che ci ha subito accolti e sostenuti

grazie ancora a Don Stefano: abbiamo avuto grandi maestri in comuni, don Giovanni Coccolo e don Primo Soldi

grazie a don Daniele: abbiamo lavorato molto bene insieme quando lui era direttore della pastorale del lavoro,

grazie a don Beppe: ci siamo ritrovato ieri dopo tanti anni

grazie a don Osvaldo: ci è stato molto vicino nelle varie tappe della nostra vita

E poi ci sono gli amici che ci accompagnano dal cielo

don Michele Sanino

don Mario Roncaglione

don Giovanni Banche

e, permetteteci di aggiungere: don Ferruccio Gambaletta che doveva essere qui a Borgaro con con noi ma è andato in paradiso quest’estate a causa di un tragico incidente

li sentiamo vivi e presentissimi tra noi

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diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà».

Gesù ci parla della sua sofferenza

certamente il cambio di parroco è per la comunità una sofferenza

specialmente quando in pochi anni è già il terzo cambio

specialmente dopo un parroco come don Stefano

ma abbiamo pensato

che cosa rimarrà tra voi e don Stefano?

Il rapporto di amicizia, l’amore, la comunione

non c’è più il fare

ma rimane il rapporto

e allora forse questa sofferenza è anche una purificazione

a volte, sbagliando, rischiamo di concepire la parrocchia come il luogo del fare

dove conta ciò che facciamo

invece la parrocchia è luogo dell’amare

dove conta se ci amiamo

e quello che facciamo è solo una scusa per amarci

e anche se per noi preti cambiare parrocchia è una sofferenza, ci aiuta a ricordare che cosa più conta e cosa resta

tutto passa

quello che resta è il bene che ci vogliamo

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